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La Danza videoperformance di Linda Randazzo

 

Con l’inseparabile cappuccio e la sua borsa in mano, Cappuccetto Rosso salta nella fiaba come il dio Mercurio, messaggero e portatore di farmaci. Ella è anche l’elemento chimico mercurio nascosto nella pietra cinabrina, oppure discolo e scorrevole come argento vivo. L’alternanza cinabro-mercurio rappresenta nell’alchimia cinese il passaggio dalla morte alla vita, l’eterna resurrezione.

Del romano Mercurio (o del greco Hermes, del germanico Odino – Wotan, dell’etrusco Turm) ha alcuni attributi peculiari. Innanzi tutto quel suo cappuccio, da cui prende il nome. Mercurio è una divinità col cappello, il pètaso, qualche volta accompagnato da una mantellina. Wotan è descritto con il volto coperto da un cappuccio. Il cappello-cappuccio protegge il dio nei suoi viaggi e lo nasconde nelle sue furfanterie. Che quel copricapo fosse rosso è difficile stabilire, ma rosso era il cappello dei Frigi, rossi i capelli di Mercurio, violetta la mantellina di un Mercurio rappresentato in un dipinto murale sul viale dell’Abbondanza a Pompei. Loge, il demone del fuoco compagno preferito di Wotan, indossava un cappuccio e una mantellina rossa. Di Mercurio, Cappuccetto rosso ha anche la borsa, con cui reca le “medicine” alla vecchiaia. Con Wotan la piccina condivide l’inquietante rapporto con un lupo. Rivelazioni essenziali di  Mercurio  sono l’incontrare e il trovare e la sua tendenza ad associarsi volentieri a qualcuno (amalgamarsi?), tendenza quest’ultima che rende Cappuccetto Rosso affabile, ma la conduce anche a fidarsi della  compagnia poco raccomandabile di un figuro incontrato per caso.

Da queste deliranti ricerche, che per loro natura non vanno rivelate oltre, nasce il mio lavoro di performance video, intitolato La Danza, la cui idea iconografica prende spunto da un’incisione di Gustave Dorè che spesso ha tormentato la mia infanzia: l’immagine di  un cappuccetto rosso che fissa ambiguamente una figura altrettanto espressivamente ambigua di un “lupo cattivo” quasi intimidito dalla bambina. Le due immagini retoriche dell’incarnazione del bene e del male, che magicamente si relazionano davanti ai miei occhi creando uno slittamento di senso nella  loro prevedibile relazione fiabesca. È così che comincia il processo immaginifico attraverso cui ho tentato di rappresentare la mistificazione e la promiscuità di alcuni punti morali che non possono distinguersi nettamente ma essere necessariamente costretti a confondersi. La rappresentazione costante del dualismo imprescindibile di tutte le manifestazioni dello spirito nella materia e della materia nello spirito.

La video performance assume l’aspetto estetico dell’ormai logora pellicola di un film muto, il cui montaggio però cede il passo ad un’inquadratura fissa che predilige l’impostazione scenica del teatro tradizionale all’italiana con quinte e arco scenico. L’utilizzo di figure retoriche accompagna tutta la struttura della performance, documentata come tale appunto da una telecamera amatoriale e da altrettanti mezzi amatoriali. La sequenza è unica, senza tagli, sulla quale è stata accostata un brano di Bach che sta ad evidenziare appunto questo muto dialogo (come una danza) fra i personaggi che portano alla loro estrema espressività ogni gesto e relazione.

Alcune frasi passano velocemente, assolutamente lontane dal volere essere degli elementi linguistici didascalici, ma come se la lingua scritta fosse anche essa immagine che garantisce la possibilità di farsi simbolo , e di essere per questo assimilata in un secondo tempo. Dunque il presunto ermetismo del senso delle frasi non è altro, che un gioco di slittamento di senso, che può intendersi  come  piccolo elemento di fastidio rispetto ad una corretta collocazione del testo nel montaggio video.

Le maschere ed i costumi sono l’unico elemento che si possa dire realmente progettato in precedenza, perché tutto il video e la performance puntano sull’improvvisazione diretta e fanno parte di alcune ricerche letterarie sulla storia dell’alchimia, sulla storia dell’illustrazione favolistica, sul significato antico dell’utilizzo di alcuni colori nella storia della pittura, e sul tentativo di sintetizzare  diverse forme di arti visive, quali il teatro, il cinema, la pittura, la musica e la danza, l’una imprescindibile dall’altra, soprattutto nell’ambito della nostra contemporaneità.  

 

Linda Randazzo

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